Off The Post fa il suo ritorno in versione deluxe e lo fa raccogliendo i dieci migliori articoli del mese di novembre. È uno dei regali esclusivi che vogliamo fare agli abbonati di Cafè Rimet. Per iniziare questa nuova stagione abbiamo scelto autentici gioielli che danno vita ad analisi profonde e raccontano storie favolose. Che si alzi il sipario…

1 Calcio e depressione: il caso Ihattaren

I disturbi mentali nel calcio (e nello sport) restano un terrificante tabù. Negli ultimi mesi sono stati fatti alcuni passi avanti, eppure ancora oggi “sembra che ci siano due idee diverse ma contemporaneamente vere sulla depressione: da una parte se ne parla come se fosse un problema caratteriale, dall’altra come una sciagura che quando colpisce, be’, non c’è altro da fare che lasciare perdere tutto, andarsene. Come se, cioè, i disturbi mentali, a differenza praticamente di qualsiasi altra malattia, non fossero curabili.” A spiegarlo è Daniele Manusia su L’Ultimo Uomo partendo dal “caso Ihattaren”.

2 Perché le grandi squadre scelgono sempre gli stessi allenatori?

I ritorni di Allegri e Ancelotti alla Juve e al Real Madrid sono gli emblemi del fatto che il mercato dei tecnici è sempre più chiuso ai soliti nomi. Mancanza di soldi, di idee o di coraggio? A interrogarsi su Rivista Undici è Alessandro Cappelli che fa notare come “nei campionati europei ci sono tecnici che da diverse stagioni dimostrano le loro capacità nella gestione di una squadra, nel rapporto con lo spogliatoio, con approcci tattici moderni. L’Ajax di Erik ten Hag è uno spettacolo; Rúben Amorim ha fatto volare il Braga e ora sta facendo lo stesso con lo Sporting; Marco Rose ha creato macchine perfette prima al Red Bull Salisburgo, poi al Borussia Mönchengladbach, adesso si sta ripetendo con il Borussia Dortmund. Nessuno di loro sembra dover dimostrare ancora il suo talento. Fuori dall’Europa ci sarebbe Marcelo Gallardo, che al River Plate sta facendo cose straordinarie. Eppure, una chance non l’hanno avuta, né al Barcellona, né alla Juventus, né al Real Madrid, né altrove”.

3 Addio Bisteccone!

Se ne è andato Gian Piero Galeazzi, icona e leggenda della narrazione sportiva italiana. “Con Galeazzi non perdevamo mai” è il titolo del toccante ricordo del Bisteccone nazionale che pubblicato da Esquire a firma di Giuseppe Pastore, il quale aggiunge che “il suo modo di fare il giornalista sportivo era speciale perché, in ogni momento, si vedeva che per lui era il mestiere più bello del mondo”. A dimostrarlo tanti aneddoti gustosi davvero da non perdere che restituiscono la misura del personaggio e del professionista.

https://www.esquire.com/it/sport/calcio/a38235637/gian-piero-galeazzi-morto/

4 Zigo contro Zigo

«Ero un bambino dell’oratorio. Mi hanno costretto a fare il calciatore, sono diventato calciatore a malincuore. Ero prigioniero senza saperlo. Non colpevole, mi sentivo in gabbia. Da qui la mia ribellione. Ero quasi sempre squalificato. Non avevo voglia. Io amavo i miei amici, i miei compagni di scuola, andavamo nei campi a sentire gli uccellini. Diventare calciatore è stata una forzatura. Io amavo la campagna e odiavo gli allenamenti. Volevo solo giocare la domenica. Ma spesso mi annoiavo anche a giocare, ed ero contento quanto venivo squalificato”: parole e musica di Gianfranco Zigoni, uno dei grandi ribelli del calcio italiano degli Anni Settanta, intervistato da Leonardo Aresi in un bellissimo podcast realizzato da Contrasti.

https://www.rivistacontrasti.it/podcast-gianfranco-zigoni-calcio-oratorio-juventus-best-vendrame-puskas-inter-campagna/

5 La ballerina con le mani d’acciaio

Vladimir Beara è stato uno dei portieri più forti della storia del calcio. Ha amato Spalato e l’Hajduk, eppure le sue origini serbe gli hanno sempre reso la vita piuttosto difficile, tanto più fino al grande tradimento sancito dal passaggio alla Stella Rossa. Una storia triste e poco conosciuta, portata a galla da Luca D’Alessandro per EastJournal.

6 L’ultimo gol sovietico

Restiamo a Est e spostiamoci in Russia. Anzi, nell’Unione Sovietica. Esattamente trenta anni fa Igor Kolyvanov, appena approdato al Foggia di Zeman, andava a segno in un 3-0 tra Urss e Cipro. Niente di leggendario, se non fosse che quella è l’ultima partita dell’Unione Sovietica. Un episodio storico che l’attaccante ha raccontato ad Alberto Facchinetti per il Fatto Quotidiano: “Eravamo molto forti e carichi, convinti di vincere e qualificarci per l’Europeo. Stavamo vivendo un periodo molto caotico. Non ci aspettavamo un tale cambiamento nel nostro Paese, nessuno pensava che ci saremmo divisi… Non capivamo bene cosa stesse succedendo, la vita poi è continuata anche se con un passaporto diverso”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/11/13/kolyvanov-e-quel-13-novembre-1991-quando-realizzo-lultimo-gol-nella-storia-dellunione-sovietica-nessuno-pensava-che-ci-saremmo-divisi/6389754/

7 Alexandre Villaplane, il grande cattivo

Capitano della Francia ai primi mondiali della storia, truffatore, criminale di guerra: Alexandre Villaplane è stato tutto questo. Le sue ultime parole prima di essere fucilato, il giorno dopo Natale, sono state: «Posso togliermi il cappotto? Sarebbe un peccato rovinarlo e vorrei regalarlo a uno del plotone d’esecuzione». Un personaggio a suo modo unico, splendidamente affrescato da Andrea Romano su Il Foglio Sportivo.

https://www.ilfoglio.it/sport/2021/11/13/news/il-calcio-di-alexandre-villaplane-non-era-una-truffa-la-sua-vita-si–3361395/

8 Maradona, un anno dopo

Sono passati già dodici mesi dall’addio del D10S e come spiega Jvan Sica su Fanpage, “il calcio senza Maradona è una vedova che cerca un nuovo amore per poter essere di nuovo felice”. Una riflessione davvero da non perdere e inadatta a chi ha la lacrima facile.

https://www.fanpage.it/sport/calcio/il-calcio-senza-maradona-e-una-vedova-che-cerca-un-nuovo-amore-per-poter-essere-di-nuovo-felice/

9 Il Calcio Totale tra controcultura e architettura

“Negli anni Sessanta Amsterdam subì una trasformazione totale, passando dall’essere una provincia tra le più arretrate d’Europa a fucina culturale tra le più influenti del mondo. Una trasformazione che partì da due poli diametralmente opposti e che, seppur in apparente contrasto, erano animati dalla stessa sensibilità sovversiva. Nel centro della città si riconoscevano i primi germogli di quello che divenne il movimento hippie; nella periferia sud-est, intorno al piccolo stadio De Meer, si formava invece, il manipolo di quei talentuosi calciatori che divennero il fulcro dell’Olanda calcistica del decennio successivo”. È l’incipit di una grande storia che ha come protagonista un ragazzo con la maglia numero 14. La racconta Giuseppe Masciale su Zeta Vision.

10 Escobar Football Club

Nel 1989 per la prima volta un club colombiano riusciva a vincere la Copa Libertadores. E parte del merito andava anche al più noto narcotrafficante al mondo. Una vicenda ormai nota quella dell’Atletico Medellin e di Pablo Escobar che però Valerio Moggia sul suo blog Pallonate in Faccia analizza con dovizia di particolari.

Le cose belle si fanno sempre un po’ attendere … Come un gol al novantesimo

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