di Henrik Fallesen – TV2, 6/7/2021

Traduzione di Matteo Albanese

L’artefice di una delle più incredibili favole del calcio danese dice addio all’Hobro IK. Jens Hammer Sørensen aveva portato la squadra in alto grazie alla sua formula unica.

È finita, nello stesso modo in cui tutto era cominciato. Ma forse non è andata proprio così. Aveva esordito con una sconfitta per 4-0, Jens Hammer Sørensen, e prima della scorsa settimana ha chiuso un ciclo con lo stesso punteggio, in maniera insoddisfacente . 

Ma ora l’Hobro IK gioca in 1. Division [la Serie B danese, N.d.T]. Tutto quanto aveva avuto inizio nel 2002 in Danmarksserien, il quarto livello calcistico [in Danimarca corrisponde al dilettantismo, N.d.T], quando Jens Hammer Sørensen ha iniziato a fare da assistente allenatore all’allora tecnico.

«Non avevo mai pensato che sarei dovuto restare al club, 

quindi non è stato veramente un qualcosa che ho scelto io»

Jens Hammer Sørensen, ex direttore sportivo dell’Hobro IK

Suo figlio maggiore non si fa più trasportare sul passeggino, ma ha piuttosto compiuto vent’anni la scorsa settimana. Nello stesso lasso di tempo, l’Hobro IK ha plasmato una delle più incredibili favole del calcio danese. Nessuno, neppure nei sogni più sfrenati, avrebbe mai potuto pensare che sarebbe finita così. Anzi, forse avrebbe potuto pensare che non sarebbe mai capitata una roba simile a un singolo uomo che invece ha avuto un ruolo così importante e di successo, visto che la società dilettantistica dell’Hobro IK è salita sulla scala che l’ha portata, impressionando tutti, fino alla cima della Superligaen [la Serie A danese, N.d.T].

In quest’intervista, Jens Hammer Sørensen è seduto nel suo ufficio alla DS Arena di Hobro. È il suo ultimo giorno di lavoro nella carica di direttore sportivo. Tra un po’ di tempo si spegnerà il computer per l’ultima volta, mentre sarà da cancellare – letteralmente – la lavagna che si trova alle sue spalle.

La squadra ha concluso il campionato di 1. Division al nono posto, e adesso il Consiglio d’amministrazione ha scelto una nuova strada per il club, che non vedrà più coinvolto Jens Hammer Sørensen, licenziato il 1° giugno: «Ricevere quel messaggio… è stato difficile, perché oramai il club è diventato una parte di me. Non avevo mai pensato a questa evenienza, al fatto che sarei dovuto restare qui, quindi non si tratta veramente di una mia scelta», dice Jens Hammer.

Persone, anziché calciatori

Se riuscite a immaginarvelo, quando l’Hobro IK è stato promosso in 1. Division nel 2014, è stato tutto così meraviglioso. C’erano dei calciatori del posto, una filiera di giocatori ben curata e in panchina sedevano sia maestri di scuola primaria che insegnanti delle superiori. Giocavano a calcio, nel dopo lavoro. Il d.s. Jens Hammer insegnava allora presso la Randers Realskole, di giorno. E ha continuato a farlo fino a quattro anni fa.

L’Hobro IK ha sfidato ogni pronostico. E l’anno dopo gli ormai ex giocatori dilettantistici hanno ripetuto l’impresa, conquistando la salvezza in Superligaen e, soprattutto, battendo le big come il Brøndby IF e il FC Copenhagen. In totale, il club è rimasto in Superligaen per cinque delle ultime otto stagioni.

Il principale responsabile di ciò è Jens Hammer, che essendone il direttore sportivo ha introdotto valori “soft” quali la solidarietà, l’attenzione agli individui e alla vita di squadra. Concetti che spesso si mettono in discussione nel calcio professionistico, dove piuttosto si ricerca spasmodicamente di vincere.

Jens Hammer ha ricoperto più cariche all’Hobro IK, ma ne è il direttore sportivo dal 2010 e da allora ha avuto una grande influenza nel prendere le decisioni principali per il club.

 «Ho voluto creare un “noi”, in cui tutti fossimo dalla stessa parte. Mi piace l’idea di unione, con la quale si contribuisce a creare una comunità, siccome io sono convinto si possano vincere partite e fare punti, nel calcio, se si crea una forte unione. Da altre parti, in altri club professionistici, i calciatori devono solo ricevere qualche cosa dal club. Somiglia più al rapporto che lega un dipendente al suo datore di lavoro», spiega Jens Hammer.

«È un leader eccezionale, perché osserva tutti, e parla con tutti quanti»

Martin Mikkelsen, ex calciatore dell’Hobro IK

Le persone lavorano a prescindere dalla “job description”

Martin Mikkelsen ricorda bene quel sentimento. Si è trasferito a Hobro nel 2014, quando il club è salito in Superligaen. Proprio come gli altri calciatori dell’Hobro IK, lui non era riuscito a sfondare nel calcio professionistico. «Quello era un gruppo di calciatori creato proprio dall’intelligenza di Jens. C’erano appunto persone che erano uscite dalla propria “bolla”. Sono stati forniti loro dell’educazione e un lavoro, così hanno finalmente preso per mano la loro vita. La percezione che ognuno aveva di sé non era distorta, eppure la gente non ci credeva, ci stavamo avvicinando al Barcellona», dice Martin Mikkelsen.

Peter Sørensen è stato l’allenatore dell’Hobro IK dal 2019 al febbraio 2021. Prima, tra le altre squadre, aveva allenato l’AGF [Aarhus Gymnastikforening, un club storico del calcio danese, N.d.T] e il Silkeborg IF. Ha sperimentato in prima persona, sia da osservatore che da partecipante, la “fondazione” dell’Hobro IK.

«Quel che l’Hobro ha ottenuto è ben più sorprendente di quanto la gente abbia pensato ed effettivamente visto. Tutti quanti si sono aiutati, l’un l’altro, facendo un passo in più. In tanti hanno lavorato più di quanto fosse previsto dalla loro “job description”, perché appunto avevano interesse a rendere grande il club. Lo hanno fatto, in una maniera mai vista in un simile contesto professionale. E il merito di tutto quanto va, per la maggior parte, a Jens Hammer Sørensen, grazie al quale questo è diventato possibile», dice Peter Sørensen. 

11 settembre 2015

È calata la notte, al termine di una piovosa serata alla DS Arena di Hobro. Il punteggio tra l’Hobro e l’AGF era 1-1, quando è scoccato l’ultimo minuto della partita di Superligaen. All’improvviso, Martin Mikkelsen si è trovato completamente smarcato al centro dell’area di rigore dell’AGF e ne ha prontamente approfittato per decidere la gara. Ha esultato in maniera inverosimile, Martin Mikkelsen. Aveva appena segnato al suo vecchio club, lo stesso club che gli aveva fatto vivere dei brutti momenti nel corso della sua carriera. L’Hobro avrebbe vinto per 2-1 e il centrocampista ha così sancito il suo riscatto. È stata la notte più importante di tutta la sua carriera.

Un d.s. a vista d’occhio

Jens Hammer è probabilmente il direttore sportivo più bravo di tutti, nel calcio danese, a giocare a ping pong. Qualche anno fa, i calciatori dell’Hobro IK avevano organizzato un torneo di ping pong interno al club. Vi hanno partecipato tutti i calciatori. Jens Hammer ha agevolmente battuto tutti.

Se altri d.s. o dirigenti mantengono una certa distanza professionale dalla squadra, Jens Hammer ha sempre considerato il contrario una sorta di virtù. Sì, si comporta in modo decisamente informale coi suoi calciatori. In alcuni casi, è come un amico. 

«Stavo così male che sentivo di dover vomitare, mi sentivo anche di stomaco debole, così il pullman coi calciatori ha dovuto fare una sosta a bordo strada»

Jens Hammer, a proposito di una scommessa con Danilo Arrieta [ex attaccante dell’Hobro, N.d.T]

C’è il rischio che degli stretti legami personali offuschino una valutazione professionale. Ma per il direttore sportivo, in una società piccola come l’Hobro IK, avere poca “distanza” tra i dirigenti e la rosa dei calciatori è stato un fattore importante.

Un giorno, Martin Mikkelsen si trovava nei servizi igienici del club, al fianco di Jens Hammer, dai vespasiani. A 30 secondi di distanza, avevano appena deciso che avrebbero prolungato il contratto [di Mikkelsen, N.d.T] per un’altra stagione. Il giorno dopo, Martin Mikkelsen ha firmato quel contratto. 

Ma c’è stato anche un periodo in cui è stato difficile convincere Danilo Arrieta a firmare un nuovo contratto. Era lui, infatti, la principale stella dell’Hobro IK che era stato promosso dalla 2. Division alla 1. Division [dalla terza alla seconda serie danese. Arrieta, attaccante cileno naturalizzato danese, nel 2010-11 ha segnato 11 reti e dispensato 4 assist in 21 partite e già vantava un’esperienza al Valencia, N.d.T].

Aneddoti divertenti e legami speciali

La squadra di Hobro si stava recando in trasferta a Næstved [240 km circa di distanza, N.d.T] quando Arrieta ha voluto sfidare Jens Hammer, con una scommessa. Se il direttore sportivo fosse riuscito a stare con del tabacco da fiuto sotto il labbro superiore per almeno 15 minuti, avrebbe giocato un’altra stagione al club. Sebbene non l’avesse mai provato prima di quell’occasione, Jens Hammer – che fumava ormai da 25 anni – non ha esitato. 

«Mi sentivo così male che sentivo il bisogno di vomitare, ero anche di stomaco debole, quindi il pullman coi calciatori ha dovuto fermarsi a bordo strada. Ma ce l’avevo fatta, così il giorno dopo Arrieta ha prolungato il contratto», ricorda Jens Hammer.

Dietro gli aneddoti comici, si cela però uno spessore ugualmente insolito, per un direttore sportivo.«È un leader eccezionale, perché osserva tutti, e parla con tutti quanti. In realtà io sono diventato un suo amico, e questo sebbene fosse un direttore sportivo. E come lo penso io, credo lo possano dire anche altri calciatori. È una specie di pedagogo, uno che cerca di fare in modo che tutti si sentano bene», dice Martin Mikkelsen. 

Lui ha militato cinque stagioni all’Hobro IK, dal 2014 al 2019, e ha stretto un legame speciale con Jens Hammer. «Mi sono preso un congedo per malattia per via dello stress e anche come giocatore di calcio mi sono sentito vulnerabile. Avevo di me tanti demoni e fantasmi, ma Jens è stato bravo a gestire la cosa. Era piuttosto comune che si fermasse a parlare per ore e ore, e lo faceva anche nei momenti più delicati», racconta Martin Mikkelsen.

12 settembre 2015

Era il giorno dopo la sopracitata vittoria sull’AGF. I tre punti avevano dato all’Hobro IK del vento in poppa, in classifica, dopo un inizio di stagione difficile [1 punto nelle prime 7 giornate, con 15 gol subiti, N.d.T]. Ma la vittoria ottenuta non è rimasta. Adama Tamboura aveva fatto il suo debutto proprio nella partita contro l’AGF ma il suo tesseramento non era a posto, inaspettatamente: così l’Hobro IK è stato sconfitto a tavolino per 0-3. Jens Hammer ha chiamato Martin Mikkelsen. Era assurdo. Martin Mikkelsen aveva pianto la sera prima in segno di liberazione, perché era riuscito a mostrare all’AGF quanto fosse in grado di giocare bene. Ora, erano ritornate le lacrime. Il principale traguardo della sua carriera è improvvisamente stato rimosso dai libri di storia.

Gli errori si pagano

Gradualmente, l’Hobro IK si è allontanato dall’essere considerato un club dilettantistico. Il club ha presto capito che non sarebbe stato proficuo se i calciatori si fossero dovuti presentare al lavoro mentre i corrispettivi delle altre squadre di Superligaen avevano il giorno libero. Questo avrebbe appesantito troppo i calciatori, nel lungo periodo. 

Così si pensava che l’intero gruppo squadra fosse composto da calciatori professionisti a tempo pieno, e sia lo stadio che le strutture dove ci si allenava sono state modernizzate.  

«Nessun altro avrebbe potuto far meglio di lui quello che ha fatto per questo club»

Peter Sørensen, ex allenatore dell’Hobro IK

La curva di crescita della società è stata ripida, dunque si è reso necessario per Jens Hammer apportare questo cambiamento. E non si tratta solamente dello status lavorativo dei calciatori.

Ci sono stati più frangenti in cui c’è stata confusione nelle carte del club. Il caso Tamboura si è concluso con la sconfitta a tavolino in un turno di Superligaen, mentre la seconda squadra del club ha subito nello stesso anno sette sconfitte in Jyllandsserien [quinto livello danese: la squadra B dell’Hobro IK ha militato nella lega dello Jutland, la regione in cui si trova, N.d.T] perché due calciatori non avevano un tesseramento regolare. 

Quest’anno è stato assurdo quel che è successo con Christian Cappis. Il club non aveva rinnovato il suo permesso di lavoro, quindi lui, americano, è dovuto rientrare a casa negli Stati Uniti. Solo quando sono state messe a posto le pratiche, lui è potuto rientrare a Hobro. Gli è costato la mancata convocazione a sette partite.

Jens Hammer si è certamente irritato per questo, ma pensa che sia stato il prezzo da pagare per vedere un piccolo pesce nuotare in una grande vasca. 

«Posso convivere con quest’errore, perché non mi sono comportato da persona sciocca. Semplicemente, non conoscevo alcune cose troppo bene. Non avevamo un reparto di amministrazione che potesse gestire questi aspetti, perché siamo un club piccolo. In questo contesto, siamo piuttosto autodidatti», ammette Jens Hammer.

Il successo sospinge i valori

Insieme all’aumento delle entrate e alla “professionalizzazione” del club, sono state prese anche delle decisioni difficili. Difatti, i valori di base della società sono finiti sotto pressione nella migrazione da ‘forening’ a ‘forretning’ [l’autore dell’articolo gioca sull’assonanza tra “associazione” e “business” – questa la rispettiva traduzione dei due termini: indica naturalmente il passaggio dal dilettantismo al professionismo, N.d.T].

Secondo Peter Sørensen, allo stato attuale, l’Hobro IK somiglia per la maggiore a un qualsiasi altro club calcistico. Nei due anni che ha trascorso come allenatore, si sono susseguiti calciatori di paesi arabi, Nordamerica, Europa meridionale e del Nord. E poi i calciatori che non erano titolari si sono impegnati a crescere individualmente, così da poter riprendersi il posto dall’inizio in un club migliore.

La filosofia del club, che finora ha guidato la società, colpisce. «Ci sarà un’enorme differenza di salario, per cui alcuni calciatori percepiranno dieci volte lo stipendio di altri. E questo mina l’unione del gruppo. Ecco perché il concetto di unione non è compatibile, in molte sfaccettature, col mondo del calcio professionistico», argomenta Peter Sørensen.

Jens Hammer è attento a questa questione e ha dovuto lottare per i suoi principi. «Per esempio, per me è stato importante, nel momento in cui abbiamo negoziato il bonus in caso di promozione, che tutti avessero ricevuto lo stesso importo, e che quindi non se lo spartissero soltanto i calciatori che avessero giocato il maggior numero di partite. Sotto questi aspetti, noi siamo diversi dagli altri club», spiega Jens Hammer.

È stato più duro, invece, quando il direttore sportivo voleva che tutti quanti i calciatori si recassero in ritiro, mentre l’allenatore preferiva piuttosto risparmiare qualche convocazione, così da poter spendere i soldi – non spesi – in altre maniere.

«Qualche volta mi sono trovato in contrasto con Jens Hammer, perché pensavo che avrebbe dovuto vestire i panni di direttore sportivo in maniera differente rispetto a quella in cui s’è comportato. Ciononostante, non ho mai nutrito dubbi sul fatto che abbia sempre fatto il meglio per l’Hobro IK. Nessun altro avrebbe potuto far meglio di lui quello che ha fatto per questo club», reputa Peter Sørensen.

12 settembre 2015

Martin Mikkelsen era dispiaciuto e poteva percepire che pure Jens Hammer lo fosse. Chiaramente la responsabilità era del direttore sportivo, eppure Martin Mikkelsen non riteneva il caso di incolparlo per aver tesserato con delle illegalità un calciatore. Anche se era stato scippato del suo miglior momento in carriera, non poteva essere arrabbiato col direttore sportivo. Sì, non poteva esserlo. Nella testa di Martin Mikkelsen, Jens Hammer è la persona più simpatica e passionale che lui avesse mai incontrato.

La vita dopo Hobro

Jens Hammer continuerà a farsi vedere alla DS Arena durante le partite casalinghe dell’Hobro IK. Ma adesso come tifoso. Da un lato sarà una sensazione strana per lui, dall’altro invece attende con impazienza di poter urlare i suoi veri pensieri sui calciatori e sull’arbitro.

Saluta il club nel bel mezzo di un periodo caratterizzato da forti tensioni. L’Hobro IK ha giocato abbastanza bene un’altra stagione in 1. Division, ma il nuovo consiglio d’amministrazione varerà un nuovo ciclo, di cui non sono chiare le sembianze.

«È stato un lavoro duro, e ho trascorso veramente tante notti insonni. Per un lungo un periodo di tempo, non riuscivo a dormire»

Jens Hammer, a proposito del doversi riabituare a dormire adeguatamente di notte

Jens Hammer ha ottenuto una colossale spinta dal reperire calciatori che erano stati scartati da altri club. Lui li ha presi e lui li ha fatti rinascere.

Adesso, il club vuole fabbricare da sé i propri talenti partendo dalle giovanili. Jens Hammer non crede che sia una strada possibile, visto che avere le giovanili non basta, se l’ambizione è quella di essere tra le migliori 18 squadre di Danimarca. Questo significa stare nella prima metà della 1. Division. [a partire dal 2019/20, la prima serie danese, Superligaen, comprende 12 squadre, N.d.T].

Cosa gli regalerà la sua carriera, questo non lo sa ancora. Si potrebbe presumere che altre società facciano l’occhiolino a un uomo inosservato capace di mettere Hobro sulla mappa della Danimarca. Può essere che stiano per farlo, ma non è detto che il 48enne Jens Hammer stia guardando nella loro direzione.

«Non credo che ci sia spazio per i miei valori, visto che si tratta di cool business. E a me questo non va bene. Non ho mai sognato di fare il dirigente sportivo presso un grande club, perché mi sono trovato così legato all’Hobro che non potevo vedermi da nessun’altra parte», appura Jens Hammer.

Deve abituarsi di nuovo a dormire adeguatamente 

A ogni modo, non rifiuta l’idea di continuare ad avere un ruolo all’interno del calcio danese, a un livello piuttosto che a un altro. «Io sono un insegnante delle scuole elementari e ho lavorato col calcio. Quindi farò una di queste due cose. Non riesco a immaginarmi nient’altro», prevede.

Prima di tutto, però, servirà riprendere il controllo sul suo ritmo circadiano. «Devo impratichirmi a dormire. È stato un lavoro duro, ho trascorso veramente tante notti insonni. Per un lungo un periodo di tempo, non riuscivo a dormire», riconosce Jens Hammer.

Ad aiutarlo a sognare [e quindi addormentarsi, N.d.T], ci sono sufficienti ricordi: la promozione in 1. Division, la promozione in Superligaen o la vittoria per 3-0 al Parken contro il FC Copenhagen. Difficilmente, se potesse deciderlo in autonomia, cercherebbe di ricordarsi una sconfitta per 4-0 nel 2002 o nel 2021.

La sola cosa che si potrebbe rimproverare nei sogni è di non aver potuto tributare un miglior addio al lavoro della sua vita.

Le cose belle si fanno sempre un po’ attendere … Come un gol al novantesimo

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