UN DERBY IN UNA REGIONE CHE NON VUOLE APPARTENERE ALLA MOLDAVIA… E NON SI TRATTA DELLO SHERIFF TIRASPOL

di Toni Padilla – MarcadorInt, 03/09/2021

Traduzione di Alex Čizmić

Viviamo in tempi strani. Con Stati poco democratici che dettano le leggi del calciomercato e progetti di Superlega, milioni di tifosi hanno scoperto lo Sheriff Tiraspol. Prima di iniziare una nuova stagione di viaggi in giro per l’Europa senza uscire di casa, ci premiamo con una medaglia, perché qui seguiamo da anni le disavventure dello Sheriff.

È la storia della Transnistria, una piccola striscia di terra tra il fiume Dnestr e il confine tra Moldavia e Ucraina. Una zona trasformata in una Repubblica indipendente de facto grazie al sostegno russo, anche se nessuno stato la riconosce come tale. Ufficialmente fa parte della Moldavia, anche se in realtà il governo non è in grado di controllare quest’area. La Transnistria è un territorio pieno di simboli sovietici, un buco diplomatico, un simbolo del passato. Una di quelle ferite che non si possono chiudere. Le mappe mentono, sono disegnate dalle persone. E se guardiamo una cartina moldava, non riusciamo a capire quanto del suo territorio si sia svincolato dalla capitale, con una società fondata da ex membri del KGB, la Sheriff, che ora ha un club in Champions League. Anche se abbiamo già parlato molto dello Sheriff in questi anni, se ancora non conoscete la sua storia ecco due articoli: uno su un derby locale e l’altro sulla storia del territorio.

La Moldova, considerata uno degli stati più poveri d’Europa, ha un’altra regione che vanta un’identità diversa. Se in Transnistria la gente si sente russa, mentre in Moldavia si parla una lingua simile al rumeno, al sud c’è la regione della Gagauzia. È lì che andiamo oggi. Se un giorno una squadra della Gagauzia dovesse raggiungere la Champions League, ricordatevi di questo testo. Anche se non credo che accadrà, non si sa mai.

Quando nel 1990 la Transnistria si dichiarò indipendente senza chiedere il permesso alla Moldavia, la Gagauzia fece lo stesso. Anzi, si proclamò indipendente prima della Transnistria, anche se fortunatamente in questa zona il conflitto non si concluse con mesi di guerra fatti di morti e carri armati. Si sentirono alcuni “spari”, anche se fortunatamente in Gagauzia gli scontri si svolsero all’interno del Congresso dei Deputati. A volte, anche fisicamente, con deputati che si presero a schiaffi. Alla fine, la Gagauzia ha rinunciato alla sua indipendenza, sebbene goda di un alto regime di autonomia che le consente di proteggere la propria identità. Ma chi sono i gagauzi, si chiederanno in molti? E quando parleremo di calcio? Cominciamo dalla prima domanda.

I gagauzi, etnicamente, sarebbero turchi. Nel XIII secolo, in Anatolia, scoppiarono guerre civili all’interno del nascente Impero ottomano. Non ci addentreremo nelle disavventure di quegli anni, tanto complesse quanto appassionanti. Diremo solo che i mongoli passavano di lì e saccheggiavano tutto ciò che trovavano, che i bizantini cercavano di sopravvivere e che i turchi combattevano tra loro per decidere quale fazione avrebbe comandato. I clan sconfitti andarono in esilio. Fuggirono. Alcuni finirono in Crimea e in quella zona dove oggi c’è il confine che separa Ucraina e Moldavia. Molti di quei turchi si sono convertiti negli anni al cristianesimo ortodosso: sono i gagauzi. La loro lingua quindi deriva dal turco, la loro religione li rende imparentati con i russi, mentre i loro vicini sono ucraini e rumeni. Una piccola popolazione orgogliosa.

Quando l’Unione Sovietica è crollata, i diversi popoli che vivevano all’interno dei suoi confini hanno rispolverato i loro vecchi simboli, cercando di intraprendere un nuovo percorso. I moldavi sono un popolo legato a quello rumeno: stessa bandiera, stessa lingua, quasi la stessa identità. Il 15% della popolazione moldava sogna ancora l’unione tra i due stati per poter tornare a essere rumena. Nel 1990, quando crollò l’URSS, la percentuale della popolazione favorevole all’unione con la Romania era ancora più alta. Quindi in Transnistria i russi che vi erano arrivati con l’esercito si spaventarono. Volevano rimanere legati a Mosca e si resero indipendenti con il suo sostegno. Anche i gagauzi temevano di non essere rispettati e annunciarono il loro Stato, come già era successo nel 1906, quando proclamarono l’indipendenza di una effimera repubblica di Comrat (la loro capitale) che durò poco. Nel 1919 insistettero di nuovo senza fortuna. Negli anni ‘80, con la perestrojka, poterono finalmente godere di una certa autonomia. Se per secoli il governo di Mosca non aveva permesso loro di usare la propria lingua a scuola, negli anni ‘80 si era trasformato in un suo alleato. Ecco perché oggi i gagauzi di quest’area, circa 170.000, preferiscono guardare alla Russia piuttosto che all’Europa. Nel 2014, quando la Moldavia organizzò un referendum sull’opportunità di entrare nell’Unione europea, oltre il 95% della popolazione gagauza votò contro. In un altro referendum organizzato in Gagauzia, oltre il 95% della popolazione ha votato a favore della proclamazione dell’indipendenza se un giorno la Moldavia dovesse unirsi alla Romania.

Come in Transnistria, l’influenza russa consente ai gagauzi di essere padroni del loro destino, anche se in termini più amichevoli rispetto alla Transnistria. La Gagauzia è una regione autonoma dove le lezioni vengono impartite nella lingua locale (che è molto viva). È una regione piena di simboli della vecchia URSS, con un partito socialista locale che vince sempre le elezioni. La Moldavia sa che se toglie libertà ai gagauzi, Mosca può intervenire. I gagauzi sanno di dipendere dal sostegno della Russia, con cui condividono la fede ortodossa. E così questa piccola regione è una di quelle realtà europee ignorate da molti.

Una realtà con una propria nazionale di calcio non riconosciuta. Nel 2006 una squadra gagauza partecipò a un torneo organizzato dalla Federcalcio di Cipro del Nord, un’altra complessa area europea. Aveva senso, perché i gagauzi sono di origine turca. Negli anni la Gagauzia ha inviato la sua nazionale – che ha come simbolo il lupo, animale molto legato al folklore turco – a diversi tornei per nazionali di Stati non riconosciuti. E, naturalmente, vanta anche i suoi club. Questa settimana, nella terza divisione moldava, si gioca un derby gagauzo.

Il calcio locale non possedeva una grande tradizione, anche se negli anni ‘90, quando la Moldavia era sul punto di disgregarsi, le autorità locali decisero di fondare il Bugeac Comrat, un club che doveva servire da simbolo della causa gagauzia. Comrat è la capitale, una città di 20.000 abitanti che si è sviluppata negli anni ’50. Prima era poco più di un piccolo villaggio, perché i gagauzi preferivano vivere nelle fattorie, in cui si distinguevano come grandi produttori di vino, uno dei loro prodotti di punta. Nel 1992, quando si giocò la prima edizione della Coppa di Moldavia, il Bugeac vinse la finale 5-0 contro il CS Tiligul-Tiras Tiraspol, allora la squadra più importante di Tiraspol, dato che lo Sheriff fu fondato solo nel 1997. Immaginate la scena. La prima finale di coppa in una Moldavia indipendente è giocata da squadre di due regioni che si sono dichiarate indipendenti perché non si sentono moldave. Il Tiligul-Tiras, tra l’altro, avrebbe vinto le tre edizioni successive della coppa, mentre in Transnistria la gente moriva. È quasi un’insensatezza che le attività calcistiche siano proseguite nonostante la guerra.

Bugeac avrebbe cambiato nome in Gagauzia FC in quegli anni ‘90 in cui militava nella prima divisione moldava. Anche se nel 1996, quando la situazione politica in Gagauzia si calmò e non era più necessario avere un club che fungesse da ambasciatore per la causa gagauza, gli imprenditori locali smisero di sostenere la squadra che finì per perdere tutte le partite tranne due. In un calcio moldavo contaminato dalla corruzione, molti giocatori accettarono denaro per subire più gol, dato che non sempre riscuotevano il loro stipendio. Il club scomparve e fu risanato e rifondato in terza divisione. Con un lupo sullo stemma, è tornato in prima divisione nel 2011, ma ha speso troppo, è andato in bancarotta ed è stato rifondato nuovamente come Gagauziya-Oguzsport nel 2017.

E ora gli tocca vedere come un club fondato nel 2013 da vecchi dirigenti della società, l’Olimpic, gioca in seconda divisione mentre loro sono in terza, dove disputano un derby con il FC Saxan, club di Ceadîr-Lunga, la seconda città più grande della Gagauzia. Quest’ultimo è un club curioso: è stato fondato nel 2010 e già nel 2015 ha debuttato in una competizione europea dopo una fulminea ascesa in prima divisione e un immediato quinto posto. L’Apollon Limassol li ha abbattuti nel primo turno di qualificazione con un 4-0 complessivo. E il Saxan è affondato così velocemente come era emerso, tra sospetti sul fatto che gli imprenditori che sostenevano il club – alcuni legati al settore del vino – avessero usato il calcio per riciclare denaro. O che avessero corrotto i club rivali per progredire. Questa è la triste realtà del calcio moldavo. E di quello gagauzo.

Le cose belle si fanno sempre un po’ attendere … Come un gol al novantesimo

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